Henri Jayer è stato uno dei personaggi più importanti nel mondo del vino, considerato il padre dell’enologia moderna. La sua storia e le mie note di degustazione di quello che è, probabilmente, il suo vino più emblematico.
Henri Jayer Echezéaux Grand Cru 1985
Lo stile di Echezéaux è sempre uno stile molto duro, in particolare nei vini di Jayer. Non è un Echezéaux che fa subito pronunciare il suo aspetto più femminile, anzi, è esattamente l’opposto: fa vedere subito tutta la sua potenza e la sua finezza, specialmente in questa annata, la ’85, dove trova un grandissimo ritmo gustativo e soprattutto stenta a farsi notare. Dal cuore molto caldo e dal naso molto duro.
Parliamo invece della storia Jayer
Henri Jayer nasce a Vosne-Romanée nel 1922.
Comincia ad occuparsi delle vigne di famiglia nel 1942, durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo la chiamata alle armi dei due fratelli. Henri lascia la scuola per aiutare il padre nei vigneti.
Negli anni ’40 si appassiona al mondo del vino e frequenta l’Università di Dijon, dove poi si laurea in enologia.
In quegli anni ha la fortuna di lavorare a stretto contatto col maestro René Engel – grande vignaiolo di Nuits Saint Georges – il quale, assieme agli insegnamenti tradizionali, gli trasmette anche la passione e la voglia di produrre un vino tutto suo.
Così, dopo aver ereditato delle parcelle di Echezeaux, Richebourg e Cros Parantoux – per un totale di tre ettari a Pinot Nero -, nel 1950 inizia a produrre la sua etichetta.
Tra il 1945 e il 1987 cura, oltre alle suo vigne, anche quelle del Domaine Noirot-Camuzet – ora chiamata Meo Camuzet -. Nel 1945 Henri firma un contratto di mezzadria con Madame Noirot-Camuzet che aveva appena ereditato da sua madre Etienne i vigneti di famiglia.
Nei termini del contratto Henri utilizza le uve prodotte dai vigneti Noirot-Camuzet – unitamente a quelle prodotte nelle proprie parcelle – per produrre il suo vino, cedendo alla famiglia una parte dei profitti.
Henri coltiva con passione i suoi vigneti: è molto attento alla raccolta delle uve, che deve avvenire in tempi precisi per non farle diventare troppo mature; si oppone fermamente all’uso estensivo di sostanze chimiche, sostiene invece l’importanza delle pratiche agricole più comuni, come l’aratura del vigneto.
Afferma l’importanza del “terroir”, sintesi perfetta d’equilibrio fra terreno, vigna e clima, che riesce a determinare l’unicità e la riconoscibilità di un vino.
In cantina introduce importanti novità: è il primo ad utilizzare il 100% di fusti nuovi, inventa la tecnica del “cold soak” cioè una macerazione prefermentativa a bassa temperatura che evita, dopo la diraspatura e la pigiatura delle uve, fermentazioni spontanee. È chiamata comunemente macerazione a freddo o criomacerazione. Mette a punto questo metodo per estrarre nei suoi vini più frutta, colore e tannini meno aggressivi, ai quali solitamente si arriva dopo 10 o 15 anni.
La percezione di durezza dei tannini, secondo Henri, impedisce di catturare le caratteristiche del vino e di apprezzarne la sua qualità.
Nel frattempo il contratto originale mezzadria, esteso più volte nel corso degli anni, volge al termine e Jean Nicolas-Meo, subentrato alla zia nella proprietà delle terre, nel 1985 decide di non rinnovarlo per lanciarsi nella nuova avventura di produrre un vino sotto una propria etichetta.
Durante gli anni di transizione dal 1985 al 1987 Henri decide di ridurre notevolmente la produzione dei suoi vini per permettere ai Camuzet di avviare la coltivazione dei loro vigneti a tempo pieno. Infatti, nel 1985 e 1986 solo 600 bottiglie vengono imbottigliate sotto il nome di Henri Jayer, proprio perché aveva voluto dedicarsi maggiormente ai vigneti dei Camuzet.
Quando nel 1987 il contratto viene sciolto, Henri può finalmente dedicarsi completamente alle sue vigne. Con il passare degli anni, però, le pochissime bottiglie prodotte nell’’85 e nel ’96 diventano un vero e proprio prodotto di nicchia, irraggiungibili per molti ai giorni nostri.
Nel 1996 Henri è costretto dal Governo Francese a scegliere fra il continuare a percepire la propria pensione o a continuare a lavorare. Per il 74enne Henri la scelta è difficile, ma alla fine lascia nel 2002 la sua proprietà a suo nipote Emmanuel Rouget e si ritira in pensione.
Dopo la sua scomparsa nel 2006, esattamente il giorno dell’inizio della vendemmia in Côte d’Or, i suoi vini, già molto ricercati per l’elevata qualità e la scarsa produzione – circa 3500 bottiglie l’anno – sono diventati rarissimi e richiesti da tutto il mondo, soprattutto la 2001, ultima vendemmia che portava in etichetta il suo nome.
E infatti, secondo la classifica del 2012 dei vini più costosi al mondo stilata da Wine-Search, al primo e al terzo posto si piazzano due dei vini di Jayer: al primo posto, con un prezzo medio di 11.150 euro, troviamo Henri Jayer Richebourg Grand Cru; al secondo posto Romanee Conti, con un prezzo medio 9.160 euro; al terzo posto di nuovo Henri Jayer Cros Parantou Vosne-Romanee, valutato 4.211 euro.